L'Isola Fantasma

Un sogno di emancipazione, un utopia ci sono mille possibili modi per definire l'avventura dell'Isola delle Rose. Nell'estate del 1968 Giorgio Rosa di professione ingegnere inaugurò una struttura di cemento e lamiere posta in acque internazionali a poco più di 11 chilometri dalle coste romagnole. Nelle sue intenzioni la piattaforma doveva essere una micronazione con tanto di presidente, ministri, lingua autonoma ed un inno nazionale.
Le dimensioni della Insulo de la rozoj, come fu chiamata in esperanto erano limitate ad appena 400mq ma avrebbero dovuto ospitare un albergo, una banca, un bar e un attracco per i motoscafi.
Il periodo è quello del 1968, anno delle piazze invase da giovani in rivolta contro una società antica che ormai non li rappresenta più, dell'america impegnata in Vietnam e dell'URSS repressore delle rivolte di Praga. In Italia nel frattempo si sperimentava il benessere e la libertà.
In questo variopinto scenario si mosse il bolognese Giorgio Rosa, la sua impresa cominciata negli anni '50 non aveva a detta dello stesso fautore ambizioni politiche, vennero chiesti i permessi alla capitaneria di Rimini e furono iniziati i lavori di costruzione, terminati il 20 Agosto 1967 con l'apertura al pubblico.
Per l'inaugurazione vera e propria si dovette aspettare il 1 Maggio 1968 e da lì iniziarono i problemi. L'interessamento dei media nazionali e le più assurde teorie del complotto portarono alla ribalta, anche in Parlamento il progetto di Rosa. Da destra, da sinistra e dal centro fu un fuoco incrociato, in particolar modo il Movimento Sociale accusò l'imprenditore bolognese di aver violato il suolo italiano, il ministero dell'Interno parlò addirittura di "grave pericolo" e per finire anche i Servizi segreti indagarono su possibili allacci come base per sottomarini sovietici.
Il 24 Giugno dello stesso anno la costruzione venne circondata da polizia e carabinieri: i negozi vennero chiusi e i pochi residenti, tre in tutto, abbandonarono l'isola.
Rosa si rivolse anche a Saragat pur di provare a farsi restituire l'isola, ma la burocrazia Italiana fu inflessibile Il 14 Febbraio '69 gli artificieri della marina minarono con la dinamite le fondamente e l'isola pian piano si inabissò. E con lei il sogno di Giorgio Rosa che pragmaticamente archiviò il progetto definedolo alla strenua di un fallimento, quello che non poteva sapere che nonostante la breve vita il suo esperimento continua ad essere protagonista di numerosi libri e documentari.