Alberto Manzi

26.07.2021

Alberto Manzi nacque a Roma il 3 novembre del 1924, figlio di un tramviere e di una casalinga, aveva due grandi vocazioni: il mare e l'insegnamento. E fu così che riuscì a diplomarsi sia all'istituto nautico sia alle magistrali. 

Raggiunta la maggiore età, suo malgrado dovette combattere nella Seconda guerra mondiale. Faceva parte del corpo dei sommergibilisti della marina militare. L'esperienza bellica vissuta con angoscia e la perdita di diversi commilitoni gli aprì gli occhi: il mare non sarebbe stata la sua vocazione.

Anche all'università Manzi conseguì una doppia specializzazione: da un lato la laurea in biologia, poi quella in filosofia e pedagogia. Nonostante studiò e si formò sotto il fascismo, Alberto Manzi fu un uomo del dopoguerra, della ricostruzione. Refrattario alla coercizione e critico dell'autorità costituita, nel 1946 come prima esperienza ad insegnare nel carcere minorile A. Gabelli a Roma. La sua classe era formata da ben novantaquattro ragazzi di età compresa fra i nove e i diciassette anni. Nonostante l'apparenza quei bambini si erano dedicati, chi volontariamente e chi per sopravvivere e sbarcare il lunario. Giudicare questi ragazzi era molto complesso, bisognava tenere presente nella mente come la guerra era finita da poco lasciando dietro di sé una moltitudine di orfani che spesso finivano nelle maglie della criminalità organizzata e di conseguenza nel sistema.

Fu così che "Grogh, storia di un castoro" - programma teatrale rieducativo per i ragazzi - si aggiudicò il Premio Collodi per le opere inedite nel 1948. Il successo sarà letteralmente internazionale, dal momento che verrà tradotto in ben ventotto lingue. 

Nel 1960 Manzi venne coinvolto in un progetto che lo rese celebre e che, visto dai giorni nostri, potremmo definire il primo "esperimento di didattica a distanza". Il direttore didattico della scuola romana Fratelli Bandiera, in cui insegnava dal 1954, lo mandò alla Rai per un provino per prendere parte a Non è mai troppo tardi. Si trattava di una trasmissione televisiva nata da un'idea del direttore generale, Nazareno Padellaro, il cui obiettivo era quello d'insegnare a leggere e a scrivere agli adulti non alfabetizzati. Manzi superò il provino e divenne il "maestro d'Italia".

Andava in onda prima di cena, disegnando a carboncino su grandi fogli bianchi delle scenette da cui partivano poi le sue lezioni. Inoltre utilizzava anche una lavagna luminosa - all'epoca un'attrezzatura avvenieristica - questi fattori decretarono un successo travolgente della trasmissione e più di un milione di persone consegurono la licenza elementare seguendo le lezioni del maestro Manzi. 

Il maestro Manzi morì nel 1997 a Pitigliano, in provincia di Grosseto, dove, rimasto vedovo, si era trasferito. Lasciava una eredità morale di grande impatto che ancora oggi ci ispira.

"Arrivederci Signor Maestro" 

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